L’Italia alla deriva

L’Italia è un Paese, ormai,  sulla strada di un futuro penoso e, forse, disastroso, generato da un ritorno allo stato di natura, nel senso elaborato da Hobbes dell’Homo homini lupus, per una nazione che smarrisce l’interesse generale e predispone la rovina collettiva. L’Italia, cioè, è uno Stato trascinato nel baratro da una classe dirigente chiusa nelle sue beghe, priva di ogni principio democratico, incapace di rappresentare e formulare un’idea,  un pensiero, una proposta, con una totale assenza di visione politica.

È ben vero che le lotte di potere, combattute nell’ambito della destra e della sinistra, conservano la loro dignità; ma è altrettanto indiscutibile che i conflitti interni alle forze politiche comportano un assoluto immobilismo sulla vita del Paese. Da quanto tempo, tra governo e partiti non si ascolta una parola persuasiva, informata, seria sulla vera posta di questa fase della storia economica, sociale e politica del mondo, dell’Europa e dell’Italia? E gli argomenti sui quali la nostra classe dirigente dovrebbe pronunciarsi non mancano: dalla burocrazia comunitaria, che rappresenta la fine del potere decisionale degli elettori sul destino del Paese di cui sono cittadini, alle grandi questioni economiche e finanziarie. Di tutto ciò, una classe dirigente come la nostra, impegnata in battaglie retoriche contro i populismi, non sa discutere, benché ne sia correttamente informata. Per questo, ci attende un futuro penoso e, forse, disastroso, tanto più ove si analizzino le singole formazioni politiche italiane: il Pdl, trasformatosi in una Forza Italia dimezzata, sorge sulle ceneri del progetto fondativo di riunificare, in un unico contenitore, tutte le culture e gli apparati del centrodestra; il Pd, alla stessa stregua, si impernia intorno a un fallimento, ossia quello di portare al governo il riformismo italiano. Rectius, l’unico partito non ad personam della Seconda Repubblica è morto soffocato dal personalismo di decine di piccoli leaders, capaci di dilaniarsi reciprocamente; in Scelta Civica, i suoi componenti non si parlano neanche più tra di loro; la Lega si avvia a configurarsi come movimento fratricida, mentre Alleanza Nazionale potrebbe risorgere. E allora la paralisi del Paese costituisce l’effetto diretto e immediato di una lotta politica che squassa i partiti dall’interno e produce una pletora di cacicchi, cassieri e cantori. Ma se è vero – come pare – che ovunque la lotta politica non è un pranzo di gala, allora è parimenti certo che in nessuna democrazia occidentale i leaders non si siedono neppure a tavola.

21.01.2014