Il tribunale dell’arte

Diversamente da quello che si pensa e si dice, ovvero che dove c’è una società, là c’è il diritto (ubi societas, ibi ius) e dove c’è una civiltà, là ci sono le sue leggi, io credo che proprio le leggi possano essere il fondamento per individuare percorsi illeciti e devastanti. Perché? Perché l’antico adagio “fatta la legge, trovato l’inganno”, non vuol dire altro che, per ogni legge, gli inganni possono essere infiniti, tanto che un codice costituisce galassie di modi per delinquere, raggirandolo. E’ anarchia, forse, questa? No! E’ che gli Stati andrebbero totalmente ridisegnati. Troppi stipendifici; e le più svariate forme di guadagno si sono costruite sulla base della retorica del diritto e della legge che – per loro storia – sono stati forti con i deboli e deboli con i forti, e cioè evanescenti con i labirintisti della norma. E’ a questo punto che – simbolicamente e ironicamente – ho creato il “tribunale dell’arte”. Il quale presenta due caratteristiche: la prima, è che deve dare il suo responso immediatamente; la seconda, è il ritorno ai tempi antecedenti a Pericle. Giudicare un essere umano non deve comportare la corresponsione di uno stipendio; si fa gratuitamente, a turno e per un tempo limitato. Allora, non esisterebbero più i togati. Chissà se costoro sanno che questa era la denominazione attribuita agli attori comici nel teatro della latinità!

18.09.2014