Il Governo Letta

Il governo in carica è, a mio avviso, nella presente congiuntura storico-politica, l’unico governo possibile e, quindi, quello che andava realizzato. Esso, caratterizzato da volti nuovi e seminuovi, molte donne e numerosi giovani, è un governo non riconducibile ad una sola parte; purtuttavia, è un governo che sarà il primo e l’ultimo di questa legislatura; dovrà cooperare col Parlamento e la pubblica opinione nazionale, nonché gettare le basi per riequilibrare ciò che, in questi anni, è andato crollando e aggrovigliandosi nel nostro ordinamento; e dovrà propiziare la “rimonta” dell’Italia dal pantano della crisi economica, sociale e politica. Per questo, il governo Letta non potrà fare nulla più di quanto necessario, inevitabile e condiviso per il perseguimento di un duplice scopo: economia e riforme; per questo, in nessuno dei suoi componenti, esso potrà assoggettarsi ad interessi di partito o di fazione, ma dovrà risultare indirizzato a quello che tutti potranno intendere come “bene comune”.

Si era auspicato un “governo di servizio” e quest’idea è emersa, esplicitamente, nei discorsi del Primo Ministro. Prescindendo dai nomi e dalle storie personali e politiche dei ministri, viceministri e sottosegretari, una tale ambiziosa umiltà è il presupposto principale per conferire compattezza, contro la pratica dell’ “inciucio”, ad una formazione di forze e concezioni di sinistra, di centro e di destra che, per alcuni lustri, si sono mostrate (quasi sempre) incompatibili e (spesso) contrapposte, e che nella fase del governo Monti avevano subìto, più che promosso, le severe e improcrastinabili politiche d’emergenza. Del resto, il presidente della Repubblica ha definito, quello appena insediatosi, “governo politico”, conseguenza di “un’intesa politica tra forze parlamentari che, secondo Costituzione, hanno garantito la fiducia in entrambe le Camere”. E così è stato. Perché trattasi di un governo straordinario, nato in condizioni di straordinaria difficoltà, destinato a intraprendere un itinerario straordinario e che si legittima proprio per gli straordinari doveri ad esso assegnati. Doveri costituiti dall’esigenza di ricomporre il rapporto tra la società civile e la società politica, tra i rappresentati e i rappresentanti, tra gli Italiani e la propria storia civile ed economica, tra il popolo e i principi fondamentali e le norme amministrative dello Stato democratico. La durata non sarà prevedibilmente lunga; e premier, ministri e partiti dovranno impegnarsi ed assumere la responsabilità governativa rispondendo non soltanto alle attese dei sostenitori, ma anche ai dubbi e alle ostilità dei prevenuti e dei perplessi. La sfida non è semplice, ma i motivi per onorarla sono molteplici e incalzanti.

05.05.2013