Il dramma e la riconciliazione

La vicenda Priebke solleva due ordini di interrogativi: uno di carattere filosofico e un altro di natura storica. Il primo riguarda un punto centrale della difesa giudiziale dell’ufficiale nazista, secondo cui egli altro non avrebbe fatto che eseguire ordini provenienti da Berlino. Tutto questo rimanda ad una antica disputa dottrinale, risalente ai pensatori greci, circa il rapporto tra legge e coscienza, vale a dire tra ciò che è legale e ciò che è morale. Il secondo interrogativo, invece, che è quello sul quale vorrei accentrare l’attenzione, attiene agli eventi verificatisi tra il 1943 e il 1945. Eventi che devono essere qualificati in termini di guerra civile o di liberazione nazionale? Secondo la storiografia, si trattò di un redde rationem finale tra fascisti e antifascisti, in un complesso quadro di sollecitazioni e condizionamenti sovranazionali, tanto che, da più parti e quasi coralmente, si è invocata un’autentica riconciliazione. Ma con chi? La vera riconciliazione non è reciprocamente con gli altri, bensì con una storia d’Italia di cui gli altri sono parte e da cui non possono venire psicologicamente espulsi, a pena di rendere insignificante anche quella parte della storia collettiva di cui, sotto il profilo personale, ciascuno può sentirsi discendente o parte. E proprio quelle tensioni e quegli antagonismi sono la storia d’Italia, sono l’Italia, dal Regno alla Repubblica.

La riconciliazione con la storia d’Italia determina preliminarmente la scelta della memoria in contrasto con quella della dimenticanza. Si intende affermare che il 1943-1945 – riconosciuti i suoi intrinseci connotati, anche, di sanguinosa contrapposizione interna – non per questo va commiserabilmente rimosso; pur se modificato, tuttavia non smarrisce il significato di uno scontro costitutivo; e che è possibile ricondurre alla mente altri accadimenti costitutivi non meno traumatici, sino a far pensare che tanto la drammaticità della storia d’Italia, quanto la scarsa autocoscienza di tale drammaticità rappresentano la reale origine dei malesseri identitari che ci attanagliano.

20.10.2013